Quando le armi prendono il sopravvento la pace si fa piccola, appare sconfitta e frantumata, avvolta in una nebbia fitta e malsana che sommerge un paese intero, le sue istituzioni, e le comunità costrette alla resistenza o a cercare una via di salvezza per la propria famiglia, a rivedere i progetti di vita, a scoprirsi improvvisamente migranti e profughi in cerca di una nuova casa. Dovrebbe valere per tutti i migranti che si accalcano ai confini di una Europa spesso matrigna, vale per i fratelli e le sorelle ucraine che lavorano in Italia, che frequentano le nostre case e permettono alle persone non autosufficienti di rimanere nelle proprie abitazioni. Un debito di amore immenso che attende di essere onorato con la prossimità con una accoglienza, se necessaria, che ridia dignità ai valori su quali è nata la comunità europea.
Non deve vincere il sentimento di rassegnazione, e neppure darla vinta ad una politica che misura con il bilancino le sanzioni meno sconvenienti per non inquietare le rispettive opinioni pubbliche. Sarebbe più onesto dichiarare che la scelta di imporre sanzioni ( quelle vere) chiederà a tutti gli europei inevitabili sacrifici. Perché difendere la pace , la democrazia, la giustizia, i diritti non è una passeggiata: “La democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo... E` giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. E` tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. E` pace “(Tina Anselmi).
Preghiamo perché l’aggressione si fermi e che la Russia di Putin si ravveda e riapra la via diplomatica per la risoluzione del conflitto. Noi ci dichiariamo operatori di pace: scendiamo convintamente in piazza e confermiamo l’impegno quotidiano a mobilitare intelligenze e saperi, immaginazione e passione creativa per generare comunità fraterne arricchite e nutrite dalle diversità. Comunità nelle quali ognuno trova un posto, un punto di appoggio e di riposo, e una pace sostenuta dalla solidarietà e animata dalla prossimità che è responsabilità irrinunciabile verso l’Altro-di-fronte-a-noi, al suo volto nel quale completiamo e realizziamo la nostra dignità umana.
Un concetto, quello di prossimità, assai esigente tanto da chiedere un rovesciamento di prospettiva. Non si nutre della logica mercantile del contratto, dello scambio degli equivalenti, o di una beneficenza pelosa che vede l’Altro-fragile come qualcuno da assistere e mantenere nella condizione di dipendenza. La prossimità mette in gioco tutti e tutto in una reciprocità che si fa relazione tra pari, gratuità e dono, spazi comuni e luoghi in cui “si fa la pace tutti i giorni”, gestendo conflitti e incomprensioni senza permettere che la tela si strappi oltre il dovuto, pronti al rammendo semmai accadesse. “La pace? Va seminata a colpi di prossimità, di vicinanza” ci ricorda Papa Francesco.
Noi stiamo in questo campo: a molti potrà apparire il mondo delle anime belle, di coloro che sanno solo dire parole. Ma non siamo ingenui, siamo immersi nella vita, pratichiamo il principio di realtà che è ascolto e discernimento , anticipiamo i conflitti gestendoli con saggezza. Siamo artigiani della pace, nella Prossimità che costruisce pensiero e cultura, e opera scelte e azioni. Non è una pace angelicata, è una pace combattente che si fa prossima alle persone, a tutte le persone, e vive nelle comunità per generare nuova umanità, per maturare un destino condiviso e progettare architetture sorprendenti di bene comune.
È una pace combattente per la giustizia senza la quale non vi è pace. Per noi la giustizia non è solo l’esercizio e la tutela di un diritto, ma la scelta profonda di sradicare -sempre Papa Francesco- “ l’immobilità paralizzante di chi crede che le cose non possono cambiare, di chi ha smesso di credere nel potere trasformante di Dio Padre e nei suoi fratelli, specialmente nei suoi fratelli più fragili, nei suoi fratelli scartati …L’operatore di pace sa che non basta dire ‘non faccio del male a nessuno’ perché come diceva San Alberto Hurtado: va molto bene non fare il male, ma è molto male non fare il bene.”