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Prossimità e pace, il contributo di Edoardo Patriarca, presidente del nostro Comitato Scientifico

01-03-2022 09:08

Edoardo Patriarca

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Prossimità e pace, il contributo di Edoardo Patriarca, presidente del nostro Comitato Scientifico

Dovrebbe valere per tutti i migranti che si accalcano ai confini di una Europa spesso matrigna, vale per i fratelli e le sorelle ucraine che  lavorano in Italia

 

 

 

 

 

 

 

Quando le armi prendono il sopravvento la pace si fa piccola, appare sconfitta e frantumata, avvolta   in una nebbia  fitta  e malsana che sommerge  un  paese intero,   le sue istituzioni,  e le comunità costrette  alla resistenza o  a cercare una via di salvezza per la propria famiglia, a rivedere i  progetti di vita, a scoprirsi  improvvisamente migranti e profughi in cerca di una nuova casa.  Dovrebbe valere per tutti i migranti che si accalcano ai confini di una Europa spesso matrigna, vale per i fratelli e le sorelle ucraine che  lavorano in Italia, che frequentano   le nostre case e permettono  alle persone non autosufficienti di rimanere nelle proprie abitazioni. Un debito di amore immenso che attende di essere onorato con la prossimità con una accoglienza, se necessaria, che ridia dignità ai valori su quali è nata la comunità europea.

 

Non  deve vincere il sentimento di rassegnazione, e neppure darla vinta ad una  politica  che misura con il bilancino le sanzioni meno sconvenienti  per non inquietare  le  rispettive opinioni pubbliche. Sarebbe più  onesto  dichiarare che la scelta di imporre sanzioni (  quelle vere)  chiederà  a tutti gli europei inevitabili   sacrifici. Perché  difendere  la pace , la democrazia, la giustizia, i diritti  non è   una passeggiata: “La democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo...  E` giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. E` tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. E` pace “(Tina Anselmi).

 

Preghiamo  perché  l’aggressione si fermi e che la Russia di Putin si ravveda e    riapra la  via  diplomatica per la risoluzione del conflitto. Noi   ci dichiariamo  operatori di pace:   scendiamo convintamente in  piazza e confermiamo    l’impegno quotidiano   a mobilitare  intelligenze e saperi,  immaginazione  e   passione   creativa per  generare comunità fraterne arricchite e nutrite dalle diversità. Comunità nelle quali     ognuno trova un posto, un   punto di appoggio e di riposo, e    una  pace    sostenuta   dalla solidarietà e   animata dalla     prossimità  che è  responsabilità irrinunciabile  verso l’Altro-di-fronte-a-noi, al suo volto nel quale     completiamo  e realizziamo  la nostra dignità umana.  

 

 Un concetto, quello  di prossimità, assai esigente  tanto da  chiedere  un rovesciamento di prospettiva.  Non  si nutre della logica mercantile del contratto, dello scambio degli equivalenti, o di una beneficenza pelosa che vede l’Altro-fragile  come qualcuno da assistere e mantenere nella  condizione di dipendenza. La prossimità mette in gioco tutti e tutto in una reciprocità che si  fa relazione tra pari,   gratuità e dono,   spazi comuni e luoghi   in cui  “si fa la pace tutti i  giorni”,  gestendo  conflitti e incomprensioni senza permettere   che la tela si strappi oltre il dovuto, pronti al rammendo semmai accadesse. “La pace? Va seminata a  colpi di prossimità, di vicinanza” ci ricorda Papa Francesco.

 

Noi stiamo in questo campo: a molti  potrà  apparire il mondo  delle anime belle, di coloro che sanno solo dire parole. Ma non  siamo ingenui, siamo immersi nella vita, pratichiamo il principio  di realtà che è ascolto e discernimento , anticipiamo i conflitti gestendoli  con saggezza. Siamo artigiani della pace,  nella  Prossimità che costruisce  pensiero e cultura, e opera  scelte  e azioni. Non  è una pace angelicata, è una pace combattente che  si fa prossima alle  persone, a tutte le persone, e vive  nelle  comunità   per generare nuova umanità,  per maturare un destino condiviso e   progettare  architetture sorprendenti di bene comune.

 

È una pace combattente per la giustizia senza la quale non vi è pace. Per noi  la giustizia non è solo l’esercizio e la tutela di un diritto, ma la scelta profonda di sradicare -sempre Papa Francesco- “ l’immobilità paralizzante di chi crede che le cose non possono cambiare, di chi ha smesso di credere nel potere trasformante di Dio Padre e nei suoi fratelli, specialmente nei suoi fratelli più fragili, nei suoi fratelli scartati …L’operatore di pace sa che non basta dire ‘non faccio del male a nessuno’ perché come diceva San Alberto Hurtado:  va molto bene non fare il male, ma è molto male non fare il bene.”